Progetto S.E.T.I. alla ricerca di E.T.
Massimiliano Mannucci & Nico Montigiani
La sigla SETI è acronimo di Search for Extra Terrestrial Intelligence, ossia Ricerca di Civiltà Extra Terrestri Intelligenti e sta ad indicare un campo di ricerca che, grazie allo sviluppo di molti progetti ad esso connessi, è ormai attivo da circa 40 anni.
L’idea che sta alla base di questo progetto è quella di cercare di captare eventuali segnali radio provenienti dallo spazio che siano frutto di civiltà extraterrestri. Tale idea trova le sue origini in un articolo pubblicato sulla rivista “Nature” nel 1959 e scritto dai due astronomi Philip Morrison e Giuseppe Cocconi; ipotizzarono che qualunque civiltà in grado di trasmettere segnali radio, tappa forse obbligata per qualunque civiltà tecnologica, avrebbe dovuto conoscere le “buone qualità” della riga spettrale dei 21 cm alla cui frequenza corrispondente coincide l’emissione dell’idrogeno, uno degli elementi chimici più diffusi nell’universo. La zona spettrale intorno a questa lunghezza d’onda risulta infatti essere particolarmente idonea poiché abbastanza libera dai disturbi naturali e quindi utile per le trasmissioni radio senza troppo rumore. Per tale caratteristica Cocconi e Morrison la proposero come possibile frequenza d’ascolto per eventuali segnali che altrimenti difficilmente riuscirebbero ad emergere dal rumore di fondo.
Quasi contemporaneamente all’uscita di questo articolo, un altro astronomo, Frank Drake avviò un proprio programma di ricerca, denominato Progetto Ozma, che prevedeva l’utilizzo del radiotelescopio di Green Bank in Virginia (USA) per studiare due stelle identificate da Drake come possibili candidate per questo tipo di ricerca. Queste due stelle, Tau Ceti ed Epsilon Eridani, sono simili al nostro Sole e distanti solo 11 anni luce da noi, il che faceva supporre la possibile esistenza di un sistema planetario e forse anche di un pianeta abitato. La ricerca iniziò alle 4:00 del mattino dell’8 Aprile 1960 con il puntamento dell’enorme antenna del radiotelescopio verso Tau Ceti. Nel centro di controllo c’era molta tensione, ma quando furono accese le apparecchiature di ascolto, tutto quello che si sentì fu solamente un’insignificante rumore di fondo. Dopo alcune ore di ascolto fu così preferito puntare l’antenna verso la seconda candidata: Epsilon Eridani.
Nella sala era chiaramente percepibile un certa delusione anche se era sempre stato chiaro a tutti che le probabilità di successo erano praticamente nulle.
Fu a questo punto che tutti i presenti nella sala ebbero un sussulto di sorpresa e di entusiasmo quando, una volta iniziato l’ascolto di Epsilon Eridani, i ricevitori rilevarono l’inconfondibile presenza di un segnale. Drake ordinò subito un controllo accurato di tutta la strumentazione per verificare che non vi fossero errori, ma mentre venivano effettuate le varie procedure, dopo appena 5 minuti il segnale cessò di colpo.
Drake decise di non divulgare la notizia, ma di continuare a cercare la fonte di tale segnale. Quest’ultimo si ripresentò a distanza di due settimane, ma a quel punto gli scienziati si resero conto che si trattava di un segnale di origine intelligente, ma non extraterrestre. Era infatti provocato da aerei militari in volo che stavano facendo esperimenti segreti per contromisure radar. Il progetto Ozma si concluse nel Luglio 1960 senza altri risultati. Quello che fu un palese insuccesso rappresenta però una pietra miliare poiché da allora molti astronomi cominciarono ad interessarsi attivamente a tale tipo di ricerche e da quel momento in poi furono attivati a più riprese vari altri progetti di ascolto.
Dopo anni di “insuccessi”, nel 1977 si ottenne forse il più importante risultato di tutta la storia del SETI, almeno fino ad oggi.
Il ricercatore Jerry R. Ehman, controllando i tabulati ottenuti dalle registrazioni in automatico del 15 agosto 1977 del radiotelescopio Big Ear dell’università dell’Ohio, si accorse che ad un tratto, al posto dei soliti valori “1” e “2” che rappresentavano il rumore di fondo del cielo, spiccava la sequenza “6EQUJ5”. Questa indicava chiaramente la presenza di un segnale radio fortissimo, circa 30 volte più potente del rumore di fondo e che, come confermarono i dati, sembrava proprio provenire dallo spazio esterno e non da disturbi terrestri. Appena Ehman vide questi dati sul tabulato, li cerchiò e scrisse a fianco la parola “WOW!” e da allora quel segnale è noto come il “Segnale WOW”. Tutto lasciava pensare alla definitiva scoperta di una civiltà extraterrestre, ma poiché la scienza è rigorosa, essa ha le sue regole ferree, prima fra tutte la ripetibilità dell’esperimento. Purtroppo non fu più registrato nulla di simile al primo segnale durante le successive sessioni di ascolto e quindi il fenomeno rimase isolato e non comprovante.
Nonostante il “mezzo successo” che il “Segnale WOW” rappresenta per molti, resta di fatto il limite oggettivo che tutti i progetti sviluppatisi durante gli anni ‘60 e ‘70 avevano una scarsa consistenza dal punto di vista del fattivo monitoraggio del cielo. Si trattava, la maggior parte delle volte, di analizzare un ristretto numero di stelle e per lassi di tempo molto brevi, data la difficoltà che spesso i singoli scienziati che si impegnavano in ricerche del genere avevano nell’ottenere ore di ascolto nei vari radiotelescopi.
Sono gli anni 80 e gli anni 90 a veder finalmente decollare progetti organici e sostenuti dalle maggiori istituzioni scientifiche statunitensi.
La crescente sensibilità del mondo scientifico verso questo tipo di attività fece in primis emergere la chiara necessità di dar vita ad un punto di riferimento per tutti coloro che intraprendevano ricerche nel settore SETI.
E’ così che 1984 nacque un ente no-profit chiamato SETI Institute , al quale partecipavano economicamente anche NASA e Jet Propulsion Laboratory (JPL), ed il cui scopo è incoraggiare e coordinare tutte le attività relative alla ricerca di vita extraterrestre, la scienza planetaria, lo studio dell’evoluzione chimica, quella biologica e, non per ultima, la divulgazione verso il pubblico dei risultati e delle prospettive di queste ricerche.
Esso coordina attualmente 63 progetti di ricerca pluriennali, il più importante dei quali è il Progetto Phoenix.
Sempre in questi anni anche altri enti ed istituti come JPL di Pasadina, NASA, Università di Harvard e Università’ di Barkeley iniziarono a muoversi dando vita a progetti a più ampio respiro, molti dei quali sono tuttora attivi ed in fase di sviluppo.
La prima a muoversi fu l’università di Barkeley, che nel 1979 attivò il suo primo progetto, denominato SERENDIP (Searching for Radio Emissions from Nearby Developed Intelligence Populations). Durato fino al 1982 constò di un totale di ascolto di circa 400 ore, ben poca cosa rispetto a progetti molto più recenti, ma senza dubbio precursore di una serie di studi sempre più ambiziosi giunti fino ad oggi.
L’università di Harvard, che già aveva mosso i suoi primi passi nel 1978, attivò invece il suo primo progetto di ricerca ad alta risoluzione nel 1983 chiamandolo Progetto Sentinel; questo rappresentò, cosi come SERENDIP per Barkeley, un traghetto verso più importanti progetti.
Fu così che il 1985 vide entrambe le università impegnate nell’avvio di due nuovi progetti, entrambi figli dei precedenti: Barkeley con SERENDIP II, e Harvard con META (Mega-channel Extra-Terrestrial Assay).
Il progetto META ha raccolto dati fino al 1994. Nella sola analisi dei primi 5 anni di informazioni, durante i quali sono stati scandagliati 60 trilioni di canali, sono stati trovati 37 eventi eccedenti la soglia di rumore, nessuno dei quali si e’ mai più ripetuto durante riosservazioni dell’area in questione.
SERENDIP II ebbe invece vita più breve. Cessato infatti nel 1988, era però capace di scandagliare 65.000 canali per secondo dal noto radiotelescopio di Green Bank in Virginia (USA).
All’avvio di ogni nuovo progetto il traguardo e’ sempre stato aumentare l’area di cielo scandagliata, aumentarne il tempo di ascolto e possibilmente il numero di frequenze analizzabili, al fine di moltiplicarne le probabilità di successo.
Partendo proprio da questo punto di vista, gli anni ’90 hanno visto proliferare progetti ogni volta più arditi. Mentre nel 1992 ripartiva il progetto SERENDIP con la sua terza edizione, la vera novità consisteva nella scesa in campo della stessa NASA con una iniziativa autonoma: High Resolution Microwave Survey (HRMS). Come nei costumi dell’ente spaziale statunitense, si trattava di un progetto fortemente ambizioso. L’obiettivo era cercare segnali provenienti da stelle simili al sole nel raggio di 100 anni luce da noi grazie all’ausilio dei più grandi radiotelescopi del mondo fra cui Green Banks (USA), Arecibo (Puerto Rico), e Parkes (Australia).
Ma le brutte notizie erano alle porte. Avviato il 12 ottobre 1992, dopo un anno di rodaggio e quando tutto sembrava procedere per il meglio, nell‘ottobre del 1993, al fine di ridurre le spese, il Congresso decise di tagliare i fondi a molti progetti NASA, fra cui HRMS.
Finiva così l’avventura della NASA, ma non cessavano comunque le iniziative private.
A dispetto dei politici che non ritenevano di alcuna importanza investire denaro in questo tipo di ricerca, i più importanti progetti hanno visto la loro nascita proprio dopo il 1993 e finanziati unicamente da fondi privati.
E’ su questi progetti così vicini a noi nel tempo che riteniamo opportuno spendere due parole per ciascuno di essi.
Progetto Phoenix
Coordinato dal SETI Institute e totalmente finanziato da privati, il fine ultimo di Phoenix era ed è semplice: trovare evidenza di forme di vita intelligente da qualche parte nell’universo. I mezzi a disposizione erano quelli lasciati sul campo dalla NASA dopo la chiusura del progetto HMRS e gli obiettivi praticamente i medesimi. Per stessa dichiarazione dei membri del SETI Institute, l’azione del congresso era stata come se il re di Spagna, dopo aver concesso le navi a Colombo, avesse preso la Nina, la Pinta e la Santa Maria e le avesse messe in naftalina proprio mentre erano per salpare al porto.
SETI Institute ha così potuto usufruire, grazie ad un contratto di comodato, di molte strutture già disponibili e testate dalla NASA. A partire dal 1993 ad oggi sono state effettuate osservazioni da Parkes, dal National Radio Astronomy Observatory (NRAO) in West Virginia, e da Arecibo. I dati raccolti sono tuttora in fase di analisi.
Progetto BETA (Billion-channel Extra-Terrestrial Assay)
Tale progetto e’ il successore naturale di META, sempre ad opera del professore Paul Horowitz dell’Harvard University.
Ha visto il suo inizio il 30 Ottobre 1995 e per la prima volta è stata utilizzata una nuova filosofia di ricerca.
Invece di puntare a bersagli ben definiti, Horowitz e il suo team hanno deciso invece di spazzare l’intero cielo dall’orizzonte fino allo zenit riuscendo a coprirlo completamente nell’arco di un anno, e tutto ciò utilizzando il vecchio radiotelescopio da 26m di diametro disponibile ad Harvard.
Le frequenze da loro analizzate sono state scelte a sommo studio e appartengono al cosiddetto “Buco dell’Acqua”, che in gergo sta ad indicare tutte le frequenze poste fra quella dell’idrogeno (H) e dell’ossidrile (OH), componenti fondamentali della molecola d’acqua.
Come appare evidente, tale scelta si riconduce piuttosto palesemente a quanto a suo tempo Cocconi e Morrison avevano suggerito.
Progetto Argus
Parlare di Argus presuppone sapere cosa è SETI League.
SETI League e’ un gruppo internazionale di hobbisti e professionisti della radioastronomia che si sono uniti col fine ultimo di cercare forme di vita extraterrestri intelligenti.
SETI League è nata nel 1994 come organizzazione scientifica ed educativa no-profit con sede nel New Jersey, in risposta alla cessata erogazione di fondi per i progetti SETI effettuata dal Congresso statunitense nel 1993. SETI League rappresenta forse la più importante fra le tante iniziative il cui intento è quello di privatizzare le attività SETI e diffonderle capillarmente. Quella che sembra essere una sovrapposizione fra SETI Institute e SETI League è solo un’apparenza. Mentre il SETI Institute è un’organizzazione altamente professionalizzata, all’interno della quale sono confluite molte menti provenienti dalla NASA e il cui compito è quello di sviluppare decine di progetti riguardanti la vita extraterrestre dai più disparati punti di vista, siano essi geologici, biologici che radioastronomici, SETI League è fondamentalmente un’associazione di e per hobbisti della radioastronomia.
In questo scenario, il progetto Argus rappresenta lo sforzo principale di SETI League. L’ambizione sarebbe quella di riuscire a realizzare una copertura totale del cielo sull’intero arco delle 24 ore tramite piccole antenne la maggior parte delle quali appartenenti ad hobbisti e collaboratori del SETI League.
E’ a questo proposito che attualmente sono in fase di sviluppo hardwares, softwares, procedure e protocolli che in un prossimo futuro dovranno servire per coordinare gli sforzi delle circa 5000 antenne sparse sull’intero globo terrestre ed il cui scopo sarà quello di scandagliare senza sosta il cielo alla ricerca di forme di vita intelligenti.
In attesa comunque che il progetto raggiunga la sua totale operatività, è già dal 21 Aprile 1996 che i primi 6 radiotelescopi aderenti al progetto Argus stanno osservando il cielo nella speranza che ben presto se ne aggiungano altri.
SERENDIP IV
Questo rappresenta probabilmente la punta di diamante della tecnologia attualmente disponibile nel settore radioastronomico per ricerche di tipo SETI, grazie anche a sponsor privati come Toshiba, Sun Microsystems e Intel.
SERENDIP IV è sia il nome di un progetto che di una particolare strumentazione, realizzata dalla Barkeley University ed installata dall’11 Giugno 1997 presso il radiotelescopio di Arecibo, Puerto Rico.
L’unicità di questa strumentazione consiste nel fatto che è in grado di analizzare 168 milioni di canali ogni 1.7 secondi e tutti concentrati nell’area del “Buco dell’Acqua”.
Ulteriore peculiarità è la sua capacità di lavorare senza distogliere il radiotelescopio dai progetti ordinari. Infatti mentre si svolgono le ricerche normalmente pianificate, l’analizzatore di frequenze SERENDIP verifica tutti i segnali provenienti sulle frequenze di interesse SETI e le immagazzina. I limiti maggiori di tale sistema sono ovviamente l’impossibilità di scegliere a priori i propri obiettivi da studiare e l’enorme mole di dati da immagazzinare e successivamente analizzare.
SETI@HOME
Nonostante l’analizzatore di frequenze SERENDIP IV sia capace di effettuare una selezione preliminare dei segnali ricevuti, resta comunque ingente la mole di dati immagazzinati e che dovranno successivamente essere analizzati.
Quello che si prospettava ai ricercatori di Berkeley era l’effettiva impossibilità di analizzare tutti i dati in loro possesso, rendendo così inutile il lavoro svolto.
Un modo per superare lo stallo che sembrava prefigurarsi era poter usufruire delle “ore macchina” potenzialmente disponibili sui computers domestici sparsi sull’intero globo terrestre.
Ed ecco quindi nascere il progetto SETI@HOME.
L’idea è stata quella di sviluppare un software capace di funzionare su piattaforme Windows ‘95/‘98, UNIX e Macintosh ed il cui scopo è quello di elaborare piccoli pacchetti di informazioni mentre il computer svolge le sue normali funzioni. Col supporto indispensabile di Internet diventerà quindi possibile per molti utilizzatori di PC aderire all’iniziativa sottoscrivendo la propria disponibilità e diventare così membri attivi di SETI@HOME.
Il compito di coloro che aderiranno sarà quello di installare l’apposito software (distribuito gratuitamente) in grado di elaborare files di circa 250Kb ricevuti tramite Internet. Ad elaborazione terminata, cioè circa due settimane dopo averlo ricevuto, quest’ultimo sarà nuovamente inviato a Barkeley dove, se contenente informazioni interessanti, verrà sottoposto ad ulteriore analisi.
Il software è già in fase di test e le intenzioni sono quelle di renderlo disponibile a tutti coloro che hanno aderito al progetto entro l’anno.
Si tratta di una iniziativa alla quale può partecipare chiunque, non è necessario possedere competenze specifiche in materia e per di più si tratta di un sevizio utile che si può offrire al mondo della scienza. Al momento già più di 120.000 persone hanno espresso il proprio interesse e per chiunque volesse saperne di più o sottoscrivere la propria adesione, è possibile farlo dalla seguente pagina web:
http://www.setiathome.ssl.berkeley.edu/home_italian.html
© 1999 Associazione Astrofili Fiorentini