Elaborazione digitale di fotografie astronomiche

Elaborazione digitale di fotografie astronomiche

Le nuove tecnologie digitali permettono di far tornare a nuova vita anche le foto astronomiche meno spettacolari, rivelandone molti dettagli “nascosti”

Saggio a cura di Nico Montigiani e Massimiliano Mannucci

In questi ultimi anni, la diffusione di personal computers sempre più potenti a prezzi relativamente bassi, sta offrendo agli astrofili la possibilità di avvalersi di uno strumento di lavoro molto efficace. Oltre ai nuovi campi di attività permessi dall’evoluzione dell’elettronica, l’ausilio informatico consente oggi di coniugare le vecchie tecniche fotografiche con le nuove potenti tecniche dell’elaborazione digitale delle immagini. Molti astrofili sapranno sicuramente quanto sacrificio richieda la realizzazione di una buona foto astronomica. Spesso poi, il risultato finale non ripaga gli sforzi compiuti. A volte le immagini fotografiche ottenute risultano affette da vari problemi come ad esempio, sottoesposizione, dominanti di colore, basso contrasto ecc… Soltanto dopo lunghe ore passate in camera oscura e con una discreta dose di capacità tecniche, è possibile ottenere foto veramente buone e spettacolari. Oggi però esiste un nuovo modo di fare astrofotografia, particolarmente per quel che riguarda il lavoro “di camera oscura”. Grazie a vari software per l’elaborazione di immagini come ad esempio Adobe Photoshop, Aldus Photostyler e altri, è possibile manipolare a piacimento le proprie immagini fotografiche.

Digitalizzare un’immagine

Quando realizziamo una fotografia, otteniamo come prodotto finale un negativo o una diapositiva, che nella maggior parte dei casi sono stati sviluppati con tecniche tradizionali. Spesso i dettagli visibili in tali foto non sono molti e la maggior parte dell’informazione è in realtà invisibile. Molte foto contengono invece più informazioni di quante un semplice sviluppo fotografico possa rendere evidenti. E’ a questo punto che subentra la possibilità di recuperare tali informazioni grazie all’utilizzo del computer. La prima cosa da fare è digitalizzare la foto originale. Per fare ciò si possono utilizzare diversi metodi. Il più valido ed economico è forse quello di sfruttare una nuova tecnologia introdotta dalla Kodak e basata sulla possibilità di digitalizzare le immagini di nostro interesse tramite potenti scanner e poi riversare su CD Rom, in questo caso specifico chiamato Photo CD, i files contenenti le fotografie in questione. Questo tipo di servizio è ormai offerto da molti negozi di fotografia. Il costo di tale operazione si limita alle circa 15 mila lire per il CD ROM, nel quale si potranno far immettere diverse decine di immagini, e alla spesa di circa 1500 lire per ogni foto che si voglia digitalizzare. Ovviamente il proprio computer dovrà disporre di un lettore CD in grado di leggere il formato Kodak Photo CD, ma ormai praticamente tutti i lettori in commercio sono in grado di farlo. I file così ottenuti sul CD ROM avranno una dimensione massima di circa 18 Mbyte con una risoluzione massima di 3072 pixel per 2048 pixel a 24 bit, cioè con 16 milioni di colori. L’immagine digitalizzata possiede quindi una risoluzione di circa 85 linee per millimetro. Tale valore non è altissimo, ma è già ampiamente accettabile per la maggior parte delle elaborazioni che in genere faremo. Una risoluzione più elevata implicherebbe una maggiore dimensione del file e quindi la necessità di computers dotati di molta memoria RAM e di un veloce processore.

Elaborazione

Non è possibile descrivere in maniera compiuta ed esaustiva tutte le procedure di elaborazione possibili poiché soltanto l’esperienza diretta, le varie prove ed i ripetuti tentativi possono indicarci di volta in volta la strada più giusta da seguire per i nostri scopi. Grazie all’elaborazione digitale infatti, si possono fare molti tentativi senza sprecare ore e materiale in camera oscura, senza poi considerare la possibilità di ottenere elaborazioni completamente diverse fra loro partendo dal medesimo originale. Per dare una idea di alcune operazioni che si possono compiere per una prima elaborazione potremmo seguire il seguente esempio: Supponiamo di avere una foto originale digitalizzata su un Photo CD come in fig.1.

L’immagine, pur mostrando già molti elementi di interesse, può, grazie alle tecniche di elaborazione digitale, essere resa molto più spettacolare mettendo in evidenza tutte le nebulosità che in questa immagine originale tendono a fondersi con la lattescenza del fondo cielo. Esistono vari modi per fare ciò. Nel nostro caso utilizzeremo alcune funzioni del programma Aldus Photostyler che sono però contemplate anche in molti altri programmi di elaborazione.
Con il comando “Fill”, una volta che si è scelto il colore da sottrarre dall’immagine originale, possiamo eliminare con un vero e proprio procedimento di sottrazione matematica, una determinata tonalità di colore. Nel caso in cui non si conosca esattamente i valori R,G,B del colore che ci interessa sottrarre, programmi come Photostyler, consentono anche di sceglierlo direttamente dall’immagine in esame cliccando col cursore del mouse lì dove crediamo sia meglio identificabile quella dominante che ci interessa abbattere. Una volta così scelto il colore che riteniamo più opportuno si può procedere alla sua sottrazione.

Fig. 1: L’immagine mostra un bolide che attraversa una zona della Via Lattea nel Cigno molto densa di nebulosità,
che in questa foto originale non risultano molto evidenti.


Fig. 2: Prima elaborazione. E’ stato sottratto il colore RGB con i valori R = 64, G = 61, B = 84.
Ovviamente la luminosità totale dell’immagine è diminuita, ma è scomparsa così anche la dominate blu del fondo cielo.

Nel caso della fig. 2 è stata tolta la dominante blu, ed in particolare il colore RGB con i seguenti valori: R = 64, G = 61, B = 84 con il comando “Fill subctractive”. Il risultato, ancora parziale, mostra già come sia scomparsa quella lattescenza blu che velava la foto originale; l’immagine è ora caratterizzata da una bassa luminosità senza però aver perso alcun dettaglio.

Partendo così da questa immagine molto più “neutra” dell’originale, è stato possibile in maniera molto semplice correggere i toni di luminosità sfruttando una funzione di “Tonal Correction” impostando un valore di 0.72 e ridistribuendo il range delle Alte luci da 106 a 255, quello dei toni medi da 53 a 96 e lasciando il valore per le ombre a 0. L’immagine in fig. 3 mostra come sia stato possibile evidenziare tutti i dettagli, anche i più deboli, presenti sia in fig.1 che in fig.2 secondo un grafico di correzione tonale come in fig. 4.

Fig. 3: L’immagine mostra ora molti dettagli che nell’immagine originale in fig. 1 erano soltanto appena percettibili.
Con due semplici passaggi siamo così riusciti ad ottenere da una immagine “normale”, una immagine molto più spettacolare.


Fig. 4: Grafico della correzione tonale secondo il quale è stata modificata l’immagine in fig. 2 per ottenere quella in fig. 3.

Ovviamente l’esempio di elaborazione proposto mostra soltanto una piccolissima parte delle potenzialità dell’elaborazione digitale di immagini. Ci preme far presente che con altri procedimenti ed altri passaggi, potremmo ottenere ulteriori risultati, magari diversi da quelli di questo esempio. In pratica basterà prendere un minimo di confidenza con i programmi di elaborazione di immagini per scoprire che forse anche delle vecchie foto astronomiche lasciate in un cassetto perché forse meno spettacolari di come ce le aspettavamo, potranno tornare a nuova vita dopo una breve elaborazione e magari potranno rivelare particolari e dettagli che nemmeno si immaginavano dall’originale.
Una grande potenzialità di cui dispongono software di questo tipo è per esempio la possibilità di andare ad intervenire direttamente sui singoli canali RGB (cioè Red, Green e Blue). L’opportunità di manipolare contrasti e luminosità ( e non solo questi) a livello di singolo canale permette spesso di effettuare elaborazioni molto selettive alla ricerca di dettagli che sappiamo essere caratterizzati da un determinato colore dominante, senza così incorrere in quella perdita di informazioni che ogni procedimento elaborativo contemplante una qualunque forma di sottrazione implicitamente comporta. (Vedi Fig. 5)

Fig. 5: 1 – Immagine fotografica originale di M 42. R G B 1 – Scomposizione dell’immagine originale 1 nei tre canali R,G,B.
R G B 2 – Elaborazione dei tre canali R,G,B. 2 – Risultato dell’elaborazione.

Quanto finora qui descritto non deve in nessun modo sembrarvi troppo complicato, perché nonostante l’apparente difficoltà d’uso dei programmi di elaborazione di immagini, questi risultano in realtà di semplice impiego dopo che ci si è fatta un po’ di pratica ed hanno il grande vantaggio di risultare spesso estremamente intuitivi anche se non si hanno specifiche conoscenze relativamente alla teoria che si cela dietro i processi di elaborazione d’immagine.

Archiviare un’immagine elaborata

Dopo aver ottenuto una od una serie di immagini che reputiamo buone, subentra il problema di archiviarle e magari di ottenerne una copia su carta o su pellicola. Archiviare le immagini: Spesso le immagini che abbiamo elaborato risultano avere dimensioni superiori ai 10 Mbyte e questo le rende di difficile archiviazione poiché con poche di esse rischiamo di esaurire tutto lo spazio disponibile sul nostro hard disk. I più diffusi programmi di elaborazione di immagine permettono però di salvare i files in un formato compresso chiamato JPEG, il quale, permettendo di scegliere il livello di compressione, consente di salvare le immagini in modo tale da ridurne le dimensioni in Kbyte senza apprezzabili perdite di qualità. Tale opportunità risulterà utile anche per trasportare le immagini per mezzo di dischetti da 1.44 Mbyte. In alternativa si possono usare i dischi Zip, i quali, avendo capacità che vanno dai 100 Mbyte ad oltre 1 Gbyte, permettono di archiviare molte immagini anche nel loro formato originale e non compresso. Stampa delle immagini: Esistono oggi molti modelli di stampanti a getto d’inchiostro o laser capaci di dare risultati di buona qualità, purtroppo però le prestazioni migliori si ottengono con stampanti di tipo professionale come quelle utilizzate nelle tipografie. Molti laboratori fotografici effettuano il trasferimento da file su pellicola, sia essa negativa o diapositiva. Ciò consente così all’astrofilo di disporre di una copia “master” che sarà poi possibile riprodurre su carta o proiettare, a seconda del tipo di emulsione che si è preferito utilizzare per la conversione fotografica. Il prezzo di un tale tipo di operazione dovrebbe aggirarsi attorno alle 15 – 20 mila lire. Ovviamente, per portare le nostre immagini al laboratorio fotografico, dobbiamo metterle su un disco con la limitazione che spesso i laboratori accettano soltanto i comuni dischetti da 1.44 Mbyte. Dovremo quindi provvedere a salvare le nostre immagini in formato JPEG, con il più basso livello di compressione possibile per non deteriorare l’immagine stessa, affinché occupino uno spazio inferiore ad 1.44 Mbyte e possano quindi entrare in un comune dischetto da 3 pollici e mezzo.

E’ bene ricordare che, dal momento che le elaborazioni che effettueremo andranno a variare sostanzialmente l’entità delle informazioni presenti nell’immagine originale, non sarà più possibile, una volta elaborata una immagine, sfruttarla per ricerche di tipo fotometrico. Restano però aperti molti altri campi di studio, come la ricerca di supernovae extragalattiche, comete o asteroidi, che potrebbero invece trarre vantaggio da queste nuove tecniche.

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